Buongiorno lettori! Incredibilmente, riesco a tenere fede alla promessa fatta ieri, e riesco a pubblicare oggi la recensione di questo romanzo, che è stato praticamente l'ultimo che ho finito recentemente (sto leggendo pochissimo). Forse non lo avete sentito nominare spesso, in parte perché è inedito in Italia, ma anche perché, credo, non gli è stato reso sufficiente merito.
Vi consiglio di leggere la trama del libro, che già di per sè, secondo me, è un piccolo capolavoro.
Vi consiglio di leggere la trama del libro, che già di per sè, secondo me, è un piccolo capolavoro.
Inoltre, dopo la recensione, come potete intuire dal titolo del post, vi aspetta una sorpresa. :3
Titolo: Station Eleven [ENG]
Autore: Emily St. John Mandel
Data
di uscita: 9 settembre 2014
Editore: Knopf
Prezzo:
€ 20,15/18,61 (copertina rigida); € 15,46/9,33 (copertina flessibile); € 8,86/5,99 (ebook)
Pagine: 333
Trama tradotta da me: Un
romanzo audace, cupo e scintillante, ambientato durante gli
inquietanti giorni della caduta della civilizzazione, Station
Eleven racconta
l'ammaliante storia di una star di Hollywood, del suo aspirante
salvatore, e di una compagnia di teatranti nomadi, che vagano per gli
ultimi sparpagliati avamposti umani, nella regione dei Grandi Laghi,
rischiando ogni cosa per l'arte e per l'umanità. In una una notte
nevosa, Arthur Leander, un famoso attore, viene colpito da un infarto
mentre si trova sul palco, durante una rappresentazione del Re
Lear.
Jeevan Chaudhary, un ex-paparazzo, diventato paramedico, è tra il
pubblico e corre in suo aiuto. Un'attrice bambina di nome Kirsten
Raymonde, assiste con orrore mentre Jeevan esegue il massaggio
cardiaco, tentando di rianimare il petto di Arthur mentre cala il
sipario, ma Arthur ormai è morto. La stessa notte, mentre Jeevan sta
tornando a casa dal teatro, una terribile epidemia di febbre inizia a
diffondersi. Gli ospedali straripano di pazienti, e Jeevan e suo
fratello si barricano dentro un appartamento, guardando dalle
finestre mentre le macchine bloccano le autostrade, colpi di pistola
risuonano ovunque, e la vita si disintegra attorno a loro. Quindici
anni dopo, Kirsten è un'attrice della Sinfonia Errante. Insieme,
questo piccolo gruppo di attori si muove tra gli insediamenti di un
mondo alterato, mettendo in scena opere di Shakespeare e musica
lirica, per le sparpagliate comunità di sopravvissuti. Scritta sui
lati della loro carovana e tatuata sul braccio di Kirsten, c'è una
frase tratta da Star
Trek:
"Perché la sopravvivenza non basta". Ma quando arrivano a
St. Deborah by the Water, incontrano un violento profeta che scava
tombe per chiunque osi lasciare il villaggio.
Decennio
dopo decennio, muovendosi avanti e indietro nel tempo, e dipingendo
vividamente la vita prima e dopo l'epidemia, questo romanzo elegiaco
e pieno di suspense si arricchisce sempre più di bellezza. Mentre
Arthur si innamora e disinnamora, mentre Jeevan guarda in tv i
giornalisti che pronunciano i loro ultimi addii, e mentre Kirsten si
ritrova presa di mira dal profeta, noi assistiamo agli strani
capovolgimenti del destino che li collega tutti quanti. Un romanzo
fatto di arte, memoria e ambizione, Station
Eleven racconta
la storia dei rapporti che ci sostengono, della natura effimera della
fama, e della bellezza del mondo come lo conosciamo.
Because
survival is insufficient.
Perché
la sopravvivenza non basta.
Non ci provo neanche a
spiegarvi la trama di questo libro. Non ci riuscirei. La verità è
che non ho mai letto nulla del genere. Non so nemmeno se si possa
davvero definire un romanzo post-apocalittico. È un libro
particolarissimo e, a tratti, strano, ma è proprio qui che risiede
il suo incredibile fascino. E di fascino, credetemi, ne ha tanto.
Stava
pensando a Toronto, a quando camminava nella neve. Pensare a Toronto
lo portava inevitabilmente a pensare a suo fratello, una torre su un
lago, una città fantasma che si disintegra, il teatro Elgin che
ancora mostra le locandine del Re Lear, il ricordo di quella notte
all'inizio e alla fine di tutto, quando Arthur morì.
Tutto ruota attorno ad
un'epidemia di una febbre sconosciuta che si diffonde ad una velocità
sconvolgente, uccidendo nel giro di pochi giorni il 99.9% della
popolazione mondiale. È la fine di un'era. Il tempo si azzera, la
gente rimasta ricomincia a contare gli anni a partire da questa
catastrofe. Viene cancellata ogni traccia di civilizzazione, è la
fine dell'elettricità e della tecnologia. Il mondo torna ad uno
stato quasi primitivo, non esistono più città, ma solo agglomerati
di persone, piccoli villaggi fatti di capanne. Niente ha più senso.
Chi ha visto il vecchio mondo cadere e quello nuovo sorgere, chi
ricorda tutto, quello che c'era prima ed è andato perduto, non sa
più in cosa credere. Ogni cosa che prima aveva valore, adesso lo
perde. Tutto cambia: le priorità, le fedi, le credenze, le
convinzioni, gli animi.
Non
siamo fatti per questo mondo. Desideriamo solo andare a casa.
Sogniamo la luce del sole, sogniamo di camminare sulla Terra. Siamo
stati persi per così tanto tempo. Desideriamo solo il mondo in cui
siamo nati. Ma è troppo tardi.
Ma cosa comporta la
sopravvivenza? E a cosa si deve rinunciare per sopravvivere? Ma
soprattutto, sopravvivere basta?
La risposta di questo
romanzo è chiara e forte e inequivocabile: NO, non basta.
Perché, che senso ha
sopravvivere, senza vivere? Fino a che punto restiamo umani, se
l'unico nostro scopo è la sopravvivenza? Sopravvive il corpo, ma
l'anima?
L'anima muore a poco a
poco, se non stimolata, se non nutrita. E di cosa si nutre l'anima?
La risposta di questo libro è, di ARTE.
Avevano
messo in scena anche opere più moderne qualche volta, durante i
primi anni, ma quello che era sorprendente, quello che nessuno si
sarebbe aspettato, era che il pubblico sembrava preferire Shakespeare
rispetto a tutto il resto del loro repertorio.
«La
gente vuole quello che c'era di migliore nel mondo,» disse Dieter.
La capacità di cogliere
l'arte, anche nelle piccole cose, la capacità di goderne, di farla
propria, la capacità di emozionarsi ascoltando un brano di musica,
quelle lacrime che scendono grazie al verso di una poesia, quella
sensazione di brivido e infinito che ti coglie quando assisti ad uno
spettacolo, la rappresentazione di un'opera che è sopravvissuta ad
ogni cosa, secolo dopo secolo. Questa è davvero l'immortalità.
L'arte, la musica, il
teatro, la poesia. Vite, esistenze, un'intera umanità racchiusi in
una manciata di note o di parole. La storia, la fede, l'amore, il
dolore e la passione, ogni cosa che il mondo ha vissuto, che ha
patito e da cui si è ripreso, tutto sopravvive attraverso il tempo e
attraverso lo spazio, grazie all'arte. L'arte è l'unico mezzo per
l'immortalità.
Sono le anime a
sopravvivere, anche quando non lo fanno i corpi.
All'inizio
vogliamo soltanto essere notati, visti, ma una volta che siamo stati
visti non ci basta più. A quel punto vogliamo essere ricordati.
Questo non è un romanzo
fatto di personaggi. Non ci sono protagonisti, tutti sono ugualmente
importanti e ugualmente superflui. Non è un romanzo sui singoli
individui, ma sull'umanità intera. Parla di esseri umani, di cosa
significa veramente sentirsi umani. Non è una storia, è una matassa
di storie. Storie che si sfiorano, si intersecano, si intrecciano e
si legano indissolubilmente, attraverso lo spazio, attraverso il
tempo, anche inconsapevolmente. Passato, presente, futuro, piani
temporali diversi, un centinaio di storie, di anime, di vite, di
morti, tutto è legato insieme dalla grande catastrofe dell'epidemia,
ma soprattutto da qualcosa di ancora più grande, qualcosa che
nemmeno l'apocalisse può spegnere davvero: la speranza. Essere umani
vuol dire essere in grado di sperare ancora, nonostante tutto.
Sperare, credere, amare.
Abbiamo
viaggiato fin qui e la tua amicizia era tutto. È stato molto
difficile, ma ci sono stati momenti di bellezza. Tutto finisce. Non
ho paura.
Station Eleven è
un romanzo che ipnotizza. Un romanzo a cui continui a pensare anche
ore, giorni, mesi dopo averlo finito. Quel libro di cui vuoi
appuntarti una citazione quasi a ogni rigo. Perché ti fa riflettere,
ti fa mettere le cose in prospettiva. Capisci quello che hai e quello
che potresti perdere, quanto dai per scontato il tuo mondo, la tua
vita, ogni tuo giorno. Capisci quanto ogni parola, ogni emozione,
ogni cosa che conta per te adesso, sia effimera.
Sono
sempre in attesa, gli abitanti del Sottomare. Passano l'intera vita
ad aspettare che la loro vita cominci.
È un romanzo impregnato
di malinconia e di poesia, potente e provocatorio. Un romanzo che
mette vita e morte sullo stesso piano, dando a entrambi la stessa
importanza. La vita è caduca, la morte veloce. Andiamo e veniamo, in
continuazione. Siamo briciole e ciò che abbiamo intorno è
incredibilmente più grande di noi. Ma possiamo fare la differenza.
Possiamo scrivere, possiamo suonare, possiamo cantare, leggere,
dipingere. Non sopravviveremo per sempre. Possiamo provarci, fare di
tutto per guadagnare un giorno in più su questa terra, sacrificare a
questo scopo ogni cosa che ci rende chi siamo. Possiamo immolare i
nostri ideali, credere in dei fasulli, inseguire orizzonti e infiniti
che non esistono, rinnegare la nostra stessa anima. Ma non cambierà
nulla. Alla fine, ce ne andremo. E dopo cosa rimarrà? I ricordi
sbiadiscono, le testimonianze si perdono nel vento. Ma se avessimo
scritto un libro, se avessimo composto una melodia, se avessimo messo
la nostra vita in musica, o composto un'opera teatrale, se avessimo
disegnato un fumetto, se avessimo dato voce ad ogni grammo della
nostra anima attraverso ciò che per primi ci emoziona, quell'arte
che ci rende umani, se lo facessimo, allora sì che saremmo
immortali.
«Come
è stato per te, alla fine?»
«
È stato esattamente come svegliarsi da un sogno.»
Il Mio Voto: 4 stelline
Un romanzo poetico, elegiaco, malinconico. L'apocalisse vista dal punto dell'umanità. La potenza delle parole, delle note, delle anime. L'arte come unico mezzo di salvezza, di sopravvivenza, di immortalità.
Meravigliosamente unico.
Questa canzone, secondo me, afferra alla perfezione il senso di questo romanzo.
1965, by Zella Day
Can we go back to the world we had?
It's the world we've been dreaming of.
I don't belong here.
GIVEAWAY
Questo libro mi è piaciuto talmente tanto, e credo che tutti dovrebbero dargli una possibilità e leggerlo, perché - vi assicuro - è diverso da qualsiasi altro libro abbiate mai letto. Perciò ho deciso di darvi la possibilità di vincerlo con un piccolo giveaway. Io l'ho letto in ebook, quindi è l'ebook che metto in palio. Vi ricordo, comunque, che il libro è in inglese, perché in Italia è inedito.
Per partecipare non dovete fare altro che iscrivervi come lettori fissi del blog (se non lo siete già), e commentare questo post, dicendomi che partecipate. E se volete, potete dirmi che cosa ne pensate della mia recensione.
Il giveaway terminerà il 31 maggio compreso. Farò l'estrazione del vincitore il primo giugno.
Buona fortuna a tutti!
Che ne pensate? Vi ho incuriositi? Pensate di leggere questo libro, o lo avete già fatto?
Non penso lo leggerò mai, perchè è in inglese. Magari se uscisse in Italia....
RispondiEliminaMi sembra davvero molto bella, una recensione interessante!
Grazie! Spero davvero che lo portino in Italia.. merita assolutamente :)
EliminaCredo proprio che sia un libro bellissimo che vuole mandare un grande messaggio!
RispondiEliminaNon so se partecipare o no perché la lettura in lingua non mi risulta molto facile.. com'è il livello dell'inglese? ;)
Mm.. allora secondo me è piuttosto facile, inoltre la lettura scorre velocissima, per via dello stile molto scorrevole. Però è anche vero che ci sono alcune descrizioni che forse possono risultare di più difficile comprensione.. non so, dipende anche da quanto sei abituata a leggere in lingua :)
EliminaMmm.. mi sa che allora passo, non ho questa grande dimestichezza con la lettura in lingua e mi dispiacerebbe non appassionarmi ad una storia, che secondo me merita, per via delle difficoltà con l'inglese!
EliminaSpero però che prima o poi verrà tradotto ^_^
Lo spero anche io :)
EliminaLa tua recensione mi ha parecchio incuriosito! Non avevo sentito parlare di questo libro ma sembra molto particolare e interessante. Partecipo volentieri al giveaway, ormai leggo quasi solo in inglese XD
RispondiEliminaGrazie per l'opportunità e a presto!
Sono felice di averti incuriosito! Mi fa piacere che partecipi :)
EliminaRecensione m e r a v i g l i o s a! *__* mi sono venuti i brividi mentre la leggevo, posso solo immaginare cosa sia leggere il libro! Non avevo mai sentito nominare questo romanzo, eppure sembra qualcosa di unico... ❤
RispondiEliminaCredo che il motivo per cui mi piaccia tanto leggere romanzi postapocalittici o simili, sia proprio la riflessione che tu hai messo in evidenza: comprendere il vero valore di tutto ciò che possediamo... E il fatto che questo libro ponga molto l'accento sulla bellezza e l'importanza dell'arte, beh... non può che conquistarmi!
Partecipo molto volentieri al Giveaway, mi hai incuriosito tantissimo!! ^__^
G r a z i e ❤
EliminaPenso che potrebbe piacerti, allora! Non è solo un romanzo postapocalittico, è molto molto di più. In un certo senso, la parte "postapocalittica" passa in secondo piano rispetto all'attenzione posta sulle relazioni umane e sulla riflessione generale.
Sono felice che partecipi! :D
Che dire, non lo conoscevo prima ma mi hai messo una bella pulce nell'orecchio G.! ^^ La tua recensione è esaustiva e ispirante, l'apocalisse mi pare un mezzo per una riflessione più ampia e importante sull'umanità e sul senso della vita, sull'importanza dell'arte... bello *____* Partecipo con piacere la giveaway! :D
RispondiEliminaGrazie Rosa! *__* Sì, decisamente questo libro fa riflettere molto su molte cose.. sono contenta di averti incuriosita e mi fa piacere che partecipi :)
EliminaDi questo libro ne ho sentito parlare poco, ma sempre bene, quindi sono davvero curiosa e dopo la tua recensione, beh, non posso far altro che metterlo in wish list *_* e partecipare al giveaway :P
RispondiEliminaGià mi ispirava prima, ma la tua recensione mi ha convinto del tutto :)
Ne sono felice!! Grazie :) Sono felice che partecipi!!
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